- Battilani1, R. Zucaro2, M. Ruberto2, S. Baralla2, C. Truglia1, M. Gargano1
1ANBI, 2 CREA Politiche e Bioeconomia
Nonostante il forte impegno politico e le norme promulgate a livello nazionale e successivamente europeo, partendo dalla pioneristica legge Merli[1] per la tutela delle acque del 1976, ancora oggi nell’UE più della metà dei corpi idrici non ha raggiunto l’obiettivo prefissato di un buono stato ecologico.
La concentrazione di nutrienti, in particolare azoto e fosforo, rappresenta una delle principali cause di degrado delle acque dolci[2]. In particolare, il nitrato, a causa della sua solubilità, mobilità, e persistenza, quando in eccesso, è ritenuto un macroinquinante[3] causa di eutrofizzazione[4] e fioriture algali, anche potenzialmente pericolose per la salute umana[5], in acque dolci e marine.
Come conseguenza dei carichi trasportati a mare, molti ecosistemi costieri accusano gravi perdite di biodiversità, spesso a causa di ipossia ed eutrofizzazione[6],[7].
L’eutrofizzazione altera la condizione e il funzionamento degli ecosistemi dulcacquicoli e marini, compromettendo la loro capacità di fornire servizi ecosistemici chiave[8],[9], quali la depurazione delle acque, la protezione delle coste, il mantenimento della biodiversità.
Anche attività economiche di rilievo, come la pesca, l’allevamento di molluschi, le attività ricreative e turismo, sono colpite dagli effetti negativi dell’eccessivo carico di nutrienti nelle acque[10].
Inoltre, l’assunzione di dosi giornaliere di nitrati in eccesso costituisce un rischio per la salute umana[11]. Le possibili conseguenze sulla salute dell’ingestione di nitrati riguardano in particolare la loro azione come agenti cancerogeni nel sistema digestivo[12].
I sistemi produttivi agricoli possono essere definiti come ecosistemi mantenuti in uno stato immaturo dall’intervento umano, consistente in frequenti apporti di nutrienti, acqua ed energia. Rispetto agli ecosistemi naturali, quindi, gli agroecosistemi sono caratterizzati da notevoli afflussi e deflussi di risorse, con conseguente aumento dell’entropia dell’intero sistema[13],[14].
In Europa, i rilasci dalle pratiche agricole intensive, insieme all’elevata densità di popolazione, rappresentano importanti fonti di nutrienti per le acque dolci e costiere. L’uso eccessivo di fertilizzanti azotati di sintesi ed organici è causa di importanti perdite di azoto per lisciviazione e deflusso superficiale[15].
Il comparto agricolo ha compiuto notevoli sforzi per la riduzione del carico di azoto, specie nei settori tecnologicamente più avanzati, come dimostra il minore uso complessivo di fertilizzanti minerali semplici e composti (-41,5%) e organo-minerali (-31,9%) nel periodo 2000-2017. Nel contempo, politiche a sostegno dell’aumento della sostanza organica nei suoli hanno spinto un incremento importante dei fertilizzanti organici, che raddoppiano le quantità distribuite. L’analisi del trend degli elementi nutritivi distribuiti evidenzia la riduzione dei nutrienti principali (azoto, fosforo e potassio) ed il contemporaneo aumento della sostanza organica[16].
Un trend in diminuzione che sarà rafforzato dall’applicazione della strategia “Farm to Fork” della Commissione Europea, che prevede una riduzione dei rilasci verso l’ambiente del 50%, e dall’aumento dei costi e dalla parallela diminuzione della disponibilità dei fertilizzanti sui mercati conseguente alla guerra in Ucraina.
Una agricoltura sostenibile, con un elevato grado di accettabilità sociale e conseguentemente commerciale, deve basarsi su pratiche di gestione che migliorino l’efficienza nell’uso delle risorse e riducano al minimo gli impatti nocivi sull’ambiente, mantenendo e stabilizzando la produzione agricola. In particolare, la gestione sostenibile dell’acqua è diventata una sfida urgente per il settore primario, stimolando la ricerca di soluzioni a sostegno delle produzioni volte a mitigare o migliorare le condizioni ambientali, sociali ed economiche del contesto produttivo generale
Una soluzione innovativa ispirata alla natura, sviluppata negli ultimi anni[17],[18],[19], è la costruzione di bioreattori per la rimozione del nitrato prima che raggiunga i corpi idrici superficiali, anche accoppiati a zone umide artificiali e a sistemi di drenaggio controllato che regolano il rilascio o la ritenzione dell’acqua, limitando i danni della siccità estiva e riducendo il carico di nutrienti rilasciato nelle acque superficiali.
I bioreattori sono sistemi artificiali progettati per migliorare il processo naturale di denitrificazione per la rimozione dei nitrati dall’acqua[20]. Costituiscono un sistema di trattamento passivo relativamente economico e semplice per la rimozione del nitrato.
I bioreattori a cippato sono sostanzialmente fosse o trincee scavate nel suolo per intercettare flussi di scorrimento superficiale e/o sotto superficiale o per la depurazione di falde, secondo il concetto delle barriere reattive permeabili (Permeable Reactive Barriers, PRB)[21]. I bioreattori sono riempiti di materia organica (ad es. trucioli di legno), a volte alternata con altri strati di materiali bioattivi diversi, e coperti con strati di terreno e rocce per creare un ambiente anaerobico[22].
Il bioreattore ha lo scopo di attivare e sostenere lo stesso processo biologico naturale che si verifica in condizioni anaerobiche nelle zone umide e nei terreni saturi per cui il nitrato viene ridotto a gas di azoto non reattivo da batteri denitrificanti. La conversione del nitrato in azoto gassoso consente la chiusura del ciclo naturale dell’azoto.
I bioreattori a cippato migliorano questo processo naturale fornendo ai batteri una fonte di carbonio che si comporta come un donatore di elettroni per gli ossidi di azoto in ambiente anaerobico, facilitando la respirazione dei batteri denitrificanti (denitrificazione eterotrofica). Il cippato stimola inoltre la presenza di un elevato numero di ceppi batteri diversi, aumentando l’efficienza totale del sistema.
Come tutte le soluzioni basate sulla natura (Nature Based Solution, NBS) il funzionamento del bioreattore a cippato è soggetto a fluttuazioni nel funzionamento e delle performances dettate da diverse condizioni al contorno che ne influenzano l’attività biologica.
I principali fattori[23] che influenzano il corretto funzionamento ed i tassi di denitrificazione nei bioreattori sono: la fonte di carbonio e la sua età; la temperatura; il pH; la concentrazione di ossigeno disciolto; la concentrazione influente di nitrati; il tempo di residenza idraulica; l’alternanza tra fasi sature ed insature.
La durata di vita di un bioreattore è fortemente influenzata dalla fonte di carbonio e dal suo tasso di degradazione. Vista la ancora limitata esperienza, in larga parte ottenuta sulla base di installazioni pilota, si stima la vita attiva di un bioreattore in 10-20 anni[24], anche se alcune modellizzazioni del tempo di decadimento della materia organica sembrano indicare un tempo utile più esteso. Al termine della vita utile il bioreattore deve essere in larga parte ricostruito rimuovendo e sostituendo gli strati di materiale bioattivo.
Più frequente è l’alternanza tra condizioni sature e insature, più intenso e rapido è il degrado.
Anche la temperatura gioca un ruolo importante nelle prestazioni dei bioreattori[25]. L’attività batterica ha un optimum tra i 25 e 35 °C di temperatura all’interno del substrato attivo. La denitrificazione può comunque verificarsi in un’ampia gamma di temperature, tra 2 e 50 °C, con un gradiente crescente di efficienza all’aumentare della temperatura sino ai 35°C
La scelta della fonte di carbonio può influenzare il tipo di ceppi batterici che la colonizzeranno ed il pH della soluzione circolante all’interno del substrato attivo. Il pH all’interno di una matrice soggetta a variazioni nei livelli di ossido-riduzione e di temperatura non è costante nel tempo. L’intervallo di pH ottimale[26] per i batteri denitrificanti è compreso tra 5,5 e 8,0 log H+.
Il bioreattore opera in ambiente anaerobico, quindi perché avvenga la denitrificazione la saturazione dell’ossigeno disciolto non dovrebbe mai essere superiore al 10%. Il processo inizia con concentrazioni minori di 2 mg L-1. Questo richiede che sia mantenuta una condizione di saturazione della matrice o che questa sia in atto da almeno un’ora[27].
La concentrazione limite per l’attività di denitrificazione all’interno del bioreattore[28] è indicata in circa 0,5 mg L-1, di molto inferiore a quella generalmente riportata per le acque di drenaggio agricolo, specie durante le fasi di coltivazione e di rapida nitrificazione della sostanza organica del suolo.
Il tempo di residenza idraulica è importante. Deve essere sufficiente a consentire l’attivazione del processo dopo una fase “asciutta” e comunque a consentire al film batterico di interagire con il nitrato nell’acqua per completare la conversione del nitrato in gas di azoto. Generalmente, il tasso di rimozione è direttamente proporzionale al tempo di residenza, sino al raggiungimento della concentrazione limite di nitrato (0,5 mg L-1).
Questi fattori possono essere influenzati dal modificato andamento pluvio-termometrico causato dai cambiamenti climatici in atto. Una recente analisi permette di meglio comprendere e gestire gli effetti del cambiamento climatico sull’attività dei bioreattori a cippato[29], fornendo elementi per adeguare progettazione e gestione.
Inoltre, per l’implementazione su larga scala dei bioreattori per trattare le acque di drenaggio agricolo, è imperativo disporre di un supporto per il dimensionamento corretto, per esempio rispetto ad uno specifico obiettivo di riduzione di azoto[30],[31].
Se il bioreattore non è gestito correttamente, opera oltre le condizioni limite, o ha raggiunto un livello di decadimento troppo elevato, possono verificarsi degli effetti collaterali negativi[32]. Questi comprendono il collasso strutturale o l’occlusione da sedimento dello strato di cippato, ma anche il rilascio in atmosfera di gas serra (ossidi di azoto, metano e anidride carbonica) a causa dell’incompleta denitrificazione, il rilascio verso le acque di fosforo in quantità superiore ai flussi in entrata e di acidi umici, fenoli e tannini nelle prime fasi di funzionamento ed in funzione del tipo di cippato utilizzato.
L’interesse verso questo tipo di trattamento delle acque di restituzione dell’agricoltura è rapidamente cresciuto negli ultimi anni, particolarmente negli USA ed in Nuova Zelanda.
In Europa sono segnalati impianti in Spagna a difesa del Mar Menor in Murcia[33], un punto critico per la gestione dell’inquinamento da nitrati sotto stretta osservazione, in Belgio e in Danimarca[34]. Il progetto europeo WATERAGRI, ha installato in due località austriache dei prototipi con diversi strati di materiale bioattivo, tra cui biochar[35].
I costi per la costruzione ed il mantenimento reperibili in letteratura sono abbastanza variabili, i costi previsti per l’impianto in Spagna, con più alto impiego di tecnologia, si aggirano intorno ai 500.000 € per l’intera installazione, mentre in generale sono stimati in circa 10000-15000 € per installazioni a servizio di un’area di 10 sino a 40 ha.
L’efficienza di rimozione, quando in attività, è riportata in un range tra il 10% ed il 90%. Si è osservato come un bioreattore con una superficie di 600 m2, ed un volume di 600 m3, corrispondente allo 0,08% del bacino scolante, ha rimosso il 48,7% del carico di azoto.
La buona efficienza, la rimozione passiva, senza utilizzo di energia, e la relativa compattezza dell’installazione rendono questo tipo di trattamento interessante sia per il produttore agricolo che per i Consorzi di Bonifica.
Va attentamente considerata la possibilità di inserire questa NBS in ingresso ai piccoli invasi che ANBI e Coldiretti stanno da tempo proponendo[36]. Lo sviluppo di altre tecnologie a bassa richiesta energetica che potrebbero essere poste in successione per ridurre l’effetto negativo della variabilità nel carico rimosso da parte del bioreattore, come l’elettroforesi per la produzione di ammoniaca da destinarsi ad usi industriali o alla produzione di nuovo fertilizzante[37], avvicina l’ipotesi di installazione a livello aziendale o collettivo (Consorzi di Bonifica o autorità pubbliche) di “sistemi di rimozione attiva” dei rilasci azotati derivanti dalle attività agricole.
Il progetto PON Water4AgriFood ha considerato, tra le varie soluzioni possibili e da approfondire, anche l’utilizzo di bioreattori, a tutela di aree umide di alto pregio ambientale.
Le acque di drenaggio dell’azienda confluiscono infatti in una zona ZPS (ITB034001), lo Stagno di S’Ena Arrubia, che.si trova nella fascia costiera meridionale della Provincia di Oristano. In seguito alla Bonifica di Arborea, lo Stagno di S’Ena Arrubia è ora divenuta il bacino di raccolta delle canalizzazioni della bonifica, con problemi di accumulo di nitrati veicolati per la maggior parte dal Canale delle acque basse, attraverso l’Idrovora di Sassu.
Lo studio condotto da progetto valuta la qualità delle risorse idriche restituite al reticolo idrografico superficiale e alle falde, e ha messo in opera una rete di sensori di concentrazione che forniscono dati ad un modello di trasporto di inquinanti, per quantificare l’impatto sui suoli e sulle acque superficiali e profonde delle attività agro‐zootecniche.
I risultati verranno analizzati anche per verificare l’ipotesi di poter adeguare la tariffa per l’acqua irrigua in funzione della qualità delle acque di ritorno, migliorata in seguito al passaggio nel bioreattore.
La restituzione di acque di buona qualità potrebbe essere ragione di minore aggravio sul ruolo irriguo emesso dal consorzio di bonifica e del canone di concessione per i prelievi in autoapprovvigionamento.
Questo approccio di gestione intelligente dei drenaggi agricoli presenta diversi vantaggi: è semplice, flessibile ed ecologico; può rendere la produzione agricola sostenibile nella regione; contribuisce alla Direttiva Quadro sulle Acque dell’Unione Europea (WFD) riducendo potenzialmente il carico di nutrienti dai campi agricoli alle acque superficiali e sotterranee; ha costi contenuti; non richiede l’impegno di grandi superfici.
Tuttavia, questa nuova opzione di miglioramento “in situ” della qualità dell’acqua non è senza limitazioni o rischi. Ulteriori ricerche sono necessarie per valutare tools e criteri di progettazione, definire e quantificare i potenziali effetti deleteri, e sviluppare migliori procedure di gestione per ottimizzare e stabilizzare le prestazioni.
Questa tecnologia inizia a muoversi rapidamente dalla fase di ricerca a quella dimostrativa, ed in alcuni casi operativa. Si spera, quindi, che le attività del progetto Water4AgriFood possano aiutare a colmare il vuoto di competenze ed a fornire ulteriori elementi per una analisi dei costi operativi e di investimento.
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[27] Robertson, W.D., et al. Op cit.
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[31] Dan B. Jaynes, Tom B. Moorman, Timothy B. Parkin, and Tom C. Kaspar J., 2016. Simulating Woodchip Bioreactor Performance Using a Dual-Porosity Model. Environ. Qual. 45:830–838. doi:10.2134/jeq2015.07.0342
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[33] Construirán 16 balsas con biorreactores de astillas de cítricos para desnitrificar 19.000 m3/agua antes de verterla al Mar Menor Agrodiario 2019 https://www.agrodiario.com/texto-diario/mostrar/1650222/total-16-bal
[34] Lorenzo Pugliese , Henrik Skovgaard, Lipe R. D. Mendes and Bo V. Iversen, 2020. Treatment of Agricultural Drainage Water by Surface-Flow Wetlands Paired with Woodchip Bioreactors. Water, 12, 1891; doi:10.3390/w12071891
[35] Progetto di ricerca e innovazione H2020 WATERAGRI – Water Retention And Nutrient Recycling In Soils And Streams For Improved Agricultural Production. https://wateragri.eu/a-bio-inspired-multilayer-drainage-system/ , https://youtu.be/6LtD0pbzEkc
[36] Si citano a questo proposito: https://www.anbi.it/art/articoli/6128-anbi-il-piano-laghetti-di-coldiretti-e-anbi-contribuira-a-co ; https://terraevita.edagricole.it/cambiamenti-climatici/anbi-e-coldiretti-danno-il-via-ai-primi-223-progetti-del-piano-laghetti/; https:// www.agricultura.it/2022/07/07/emergenza-idrica-ecco-il-piano-laghetti-10-mila-invasi-entro-il-2030-223-progetti-gia-cantierabili-emilia-romagna-guida-con-40-poi-toscana-e-veneto-2/ ;https://www.meteoweb.eu/2023/01/siccita-piano-laghetti/1001189554/
[37] van Langevelde, P. H., Katsounaros, I. & Koper, M. T. M., 2021. Electro- catalytic nitrate reduction for sustainable ammonia production. Joule 5, 290–294