PON WATER4AGRIFOOD: risultati finali del progetto al servizio delle politiche di prezzo per l’acqua.

  1. Battilani1, R. Zucaro2, M. Ruberto2, S. Baralla2, C. Truglia1, M. Gargano1

1ANBI, 2 CREA-Centro di ricerca Politiche e bioeconomia

Con l’approssimarsi della fine di questa legislatura Europea si intensificano le pressioni perché siano evidenti all’elettorato i riscontri positivi delle politiche adottate dal 2019 per imprimere una decisa accelerazione alla lotta al cambiamento climatico, ma soprattutto per ribadire la necessità di non deviare dalla strada tracciata.

Questa ricerca del consenso crea un ambiente poco produttivo ed incentiva la parte più radicale a volgersi sempre di più nella direzione di un riduzionismo climatico[1] che, anche in ambito scientifico, porta a far prevalere un atteggiamento deterministico secondo il quale le perdite ed i danni conseguenti ad estremi meteorologici sono unicamente il risultato del cambiamento climatico, ignorando l’importanza di vulnerabilità preesistenti[2].

Questo atteggiamento, in un contesto economico ampiamente neo-liberista, permette di inquadrare la risposta climatica come un’opportunità per espandere i mercati, affermare un primato industriale, realizzare profitti[3],[4]. Gli enormi costi della mitigazione e dell’adattamento al cambiamento climatico sono sempre più appannaggio della finanza, la sola forza capace di modificare il mercato esistente nel tentativo di crearne uno nuovo a livello globale.

Porre l’accento sul clima come causa scatenante è certamente efficace per richiamare l’attenzione sulle responsabilità umane e conseguentemente sulla necessità di comportamenti adeguati ed azioni correttive rapide ed incisive. Tuttavia, l’esasperazione verso lo stress climatico può distorcere l’attenzione, spingendo ad ignorare fattori di stress sociali[5] e con essi le politiche decennali che hanno portato ad un indebolimento dei territori e delle infrastrutture destinate a proteggerli e ad un verticale aumento della loro vulnerabilità.

Su di un punto dobbiamo essere chiari: il cambiamento climatico non causa perdite o danni sul territorio indipendentemente dalle condizioni socioeconomiche e dal livello di infrastrutturazione presente. L’entità del disastro dipende dal grado di esposizione delle persone e dalla precarietà ed insufficienza delle infrastrutture preesistenti al fenomeno climatico estremo.

È troppo spesso politicamente opportuno invocare il cambiamento climatico come qualcosa di “superiore ed imprevedibile”, una forza esogena, ponendone quindi le conseguenze al di fuori dell’influenza e delle responsabilità dei pianificatori[6] e delle autorità locali. Se è pur vero, almeno in parte, che spesso il disastro non si sarebbe potuto evitare, è altresì certo che quegli interventi per la regolazione delle acque e la cura del territorio da anni richiesti a piena voce dalla Bonifica avrebbero limitato il danno.

Un esempio. importante di vulnerabilità ai cambiamenti climatici indotta dalla cattiva pianificazione lo fornisce un recente studio[7] che mostra come, dal 1985, gli insediamenti umani si sono espansi in zone ad alto rischio climatico ed idrogeologico con un ritmo preoccupante. In Italia l’urbanizzazione in zone a rischio è cresciuta di oltre il 60% a fronte di un aumento dello sviluppo urbano in aree a basso rischio del 40%. Del resto, la scarsità di territorio ed il minor costo dei terreni marginali spinge in modo sproporzionato lo sviluppo di nuovi insediamenti in aree precedentemente evitate per la loro rischiosità.

Una valutazione analitica, multi-causale, delle ragioni per cui si produce un danno diretto od indiretto, al pari della corretta valutazione dell’entità dello stesso, sono alla base di una quanto mai urgente e necessaria definizione dei “trade-offs” degli impatti settoriali positivi e negativi, indispensabile per comporre un quadro d’azione e reazione efficace sui territori.

Non si intende con questo in alcun modo schierarsi dalla parte di un vetero negazionismo climatico: il cambiamento climatico di origine antropica è (con)causa degli enormi danni ambientali, sociali ed economici già ora sofferti.

Per enti dedicati alla cura ed alla gestione del territorio, come i Consorzi di Bonifica, al di là dell’importanza in termini generali di attribuire il peso delle cause climatiche nel produrre eventi calamitosi, è determinante associare i danni alle cause delle vulnerabilità in atto allo scopo di identificare modi per ridurre i disastri con azioni correttive più dirette e rilevanti a livello locale.

Non è sempre opera facile, specie in un paese dove fin dalle prime civiltà palafitticole nate ai margini delle lagune e delle foreste pluviali il governo e la difesa idraulica sono apparsi essenziali, avviando così un processo di trasformazione profonda del territorio.

Millenni di opere collettive, di bonifiche e di governo delle acque hanno disegnato lo sviluppo sociale, economico e la natura e morfologia del territorio attuale, inclusa la posizione degli insediamenti urbani. Roma stessa da piccolo villaggio sviluppa e prospera grazie all’area drenata e messa in sicurezza dalla più antica opera di regimazione idraulica urbana ancora in funzione, la cloaca maxima.

Valutare e risolvere la vulnerabilità rispetto al nuovo contesto climatico ed alle pressioni di una urbanizzazione incontenibile non è operazione evitabile o di poco impatto quando si dispone di un patrimonio comune di oltre 231.000 chilometri di canali, condotte forzate e fiumi, migliaia di briglie, sbarramenti, vasche di compenso e di laminazione, impianti idrovori, invasi per la provvista e la distribuzione dell’acqua a fini plurimi e irrigui, aree naturali.

Il sistema della bonifica ha piena consapevolezza di dover disegnare e caratterizzare il territorio italiano di domani partendo dall’immenso capitale ereditato. E questo nel rispetto della Costituzione per quanto riguarda i recentemente aggiunti principi di tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, nell’interesse e nel rispetto delle future generazioni, senza però venir meno al compito di garantire l’accesso alle risorse idriche al comparto primario perché la nostra agricoltura sia in grado di nutrire una popolazione in crescita.

Non si tratta semplicemente di disporre di un contesto politico e legislativo che faciliti le decisioni e gli investimenti, o dell’avvento di “nuovi tipi di stakeholder audaci e coraggiosi” in un sistema che relega gli agricoltori al ruolo di custodi dell’ambiente naturale, come richiesto in molti ambienti in Europa. Si tratta piuttosto di tendere ad obiettivi di sicurezza, sostenibilità e resilienza del sistema idrico al servizio delle produzioni agroalimentari e dei territori.

Riguardo ai temi di sicurezza idrica è urgente e necessario salvaguardare l’accesso per i territori agricoli a quantità sufficienti di acqua di qualità adeguata al fine di preservare la salute degli ecosistemi, favorire lo sviluppo socioeconomico della società, e garantire una efficace protezione contro i disastri derivanti dall’alternanza tra siccità ed inondazioni.

Per raggiungere un buon equilibrio è indispensabile una efficiente sostenibilità della gestone idrica basata su principi economicamente e ambientalmente compatibili che in parallelo siano alle fondamenta di una resilienza di lungo termine, tesa a permettere ai sistemi idrici naturali e antropici di resistere ad eventi dirompenti imprevisti, scongiurandone le gravi conseguenze.

Per raggiungere questi obiettivi, per risolvere le vulnerabilità che agisce da moltiplicatore nel produrre danni e perdite in conseguenza di eventi climatologici estremi, sono necessarie soluzioni gestionali, tecnologiche e finanziarie innovative che rifuggano da logiche dirigiste ed economiche coercitive ma che attivino i meccanismi virtuosi del vantaggio produttivo, sociale, economico.

Gli scorsi 19 e 20 settembre 2023 si è tenuto a Bari il Convegno finale del Progetto PON Water4AgriFood: “Miglioramento delle produzioni agroalimentari mediterranee in condizioni di carenza di risorse idriche”, un progetto inteso a produrre soluzioni innovative di interesse anche per i Consorzi di Bonifica[8], chiamati alla gestione quotidiana di risorse sempre più scarse per gli usi produttivi quando non tragicamente abbondanti e pericolose per la sicurezza dei territori e delle popolazioni.

Considerata la portata del tema del prezzo dell’acqua[9],[10] , lo scorso 25 settembre, si è invece tenuto l’evento finale dell’OR 4 “Price water” organizzato da ANBI in collaborazione con il CREA Centro di ricerca Politiche e bioeconomia, rivolto in particolare ai consorzi di bonifica e agli enti irrigui.

Per il raggiungimento dell’obiettivo di individuazione di una tariffa sostenibile dal punto di vista economico, ambientale e sociale, nel corso del periodo di riferimento del progetto (ottobre 2020 – ottobre 2023) sono state applicate varie analisi da parte di ricercatori ed esperti.

Un caso studio è stato realizzato presso l’azienda sperimentale di Bonifiche Ferraresi, Partner del progetto; un’azienda di circa 1.000 ha (di cui 300 ha irrigui), dove sono state installate tutte le attrezzature per il monitoraggio dell’acqua, e servita dal Consorzio di bonifica dell’Oristanese.

A partire da un sistema di contribuenza basato sulla superficie irrigata, è stato individuato un sistema che include una quota basata sulla quantità di acqua utilizzata (tariffa volumetrica). La tariffa volumetrica (intesa come contributo irriguo), infatti, come da raccomandazioni europee, dovrebbe essere il principale obiettivo da perseguire per incentivare l’uso efficiente dell’acqua.

A tal fine sono monitorati i volumi effettivi impiegati e delineati opportuni scenari di volumi ottimali, ottenuti grazie all’utilizzo del Modello Flow-Hages”. Quest’ultimo ha permesso anche di valutare i volumi di acqua rilasciati al reticolo superficiale sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo a livello aziendale, attraverso i quali l’agricoltura irrigua può generare servizi ecosistemici. Temi discussi internamente ad ANBI e con il CREA, responsabile dell’OR4 “Price water”[11],[12].

Oltre all’impatto socioeconomico derivato dall’introduzione dell’irrigazione sostenibile, sono stati infatti considerati anche gli aspetti ambientali connessi alla pratica irrigua, legati sia alle esternalità positive che negative[13],[14],[15].

Il risultato finale è una proposta per un sistema di contribuenza che include una quota volumetrica e che internalizza costi e benefici ambientali. Il processo di internalizzazione è stato applicato al fine di rispettare il principio chi inquina/usa paga e il principio dell’adeguato recupero dei costi dei servizi idrici, incluso il costo ambientale, come previsto anche dalle Direttive europee.

Il bilanciamento tra benefici del risparmio ed esternalità (positive, quali ricarica acque sotterranee e superficiali, fertilità suoli, conservazione aree umide e negative, prelievo, inquinamento, depauperamento biodiversità, etc.) ha portato a risultati non distanti dagli attuali scenari di tariffazione; similarità che merita sicuramente un approfondimento futuro, soprattutto alla luce dei nuovi sviluppi europei sul tema, e da affrontare insieme ai portatori di interesse che direttamente e indirettamente sono coinvolti.

La migrazione verso una società “Water-Smart”, altamente resiliente, richiederà investimenti significativi nella riprogettazione e nell’adattamento delle infrastrutture esistenti o nella costruzione di nuove. Esse dovranno essere (ri)calibrate per supportare e facilitare l’estesa applicazione di tecnologie e soluzioni di governance innovative, attivando attraverso la gestione di un complesso mix di sfide nuove opportunità per l’industria europea sui mercati interni e globali.

Il “Piano di efficientamento e completamento della infrastrutturazione idrica per il contrasto all’emergenza climatica e al dissesto idrogeologico”, presentato da ANBI nel 2017 affinché facesse parte dell’agenda politica del Paese, ed il recente “Piano Laghetti” approntato con Coldiretti sono esempi concreti di progettualità per investimenti infrastrutturali capaci di fornire risposte preventive, strutturali ed efficaci, alle urgenze imposte dal rischio risultante dalla combinazione di fenomeni di cambiamento climatico e vulnerabilità strutturali ed infrastrutturali dei nostri territori e delle nostre economie[16].

La prevenzione, termine ormai desueto per indicare la prima e più efficace forma di adattamento, si espleta attraverso un’idonea attività di pianificazione e programmazione, sostenuta da importanti investimenti e da un connubio tra pubblico e privato che garantisca una piena rispondenza ai criteri della transizione ecologica.

Oggi i Consorzi di Bonifica affrontano l’urgenza di affermare nei territori irrigui un uso più efficiente delle acque irrigue, attraverso l’adozione di tecnologie innovative e di strumenti di supporto gestionale che permettano di contrastare lo spreco, l’uso indiscriminato e l’inquinamento per eccesso di nutrienti e pesticidi della risorsa idrica.

In questo contesto, l’ANBI ricopre un ruolo istituzionale fondamentale di coordinamento e di bilanciamento tra gli interessi pubblici e gli interessi privati nonché di indirizzo per garantire l’uniformità di azione a livello nazionale.

Ed in questo difficile compito risulterà di grande valore il contributo di conoscenza, il confronto e la condivisione di esperienze che hanno trovato sintesi nei risultati ottenuti dal progetto PON Water4AgriFood.

[1] Hulme, M. (2011). Reducing the future to climate: A story of climate determinism and reductionism. Osiris, 26, 245–266.

[2] Raju, Emmanuel, Emily Boyd, and Friederike Otto. 2022. “Stop Blaming the Climate for Disasters.” Communications Earth & Environment 3 (1): 1–2. https://doi.org/10.1038/s43247-021-00332-2.

[3] Ciplet, David, and J. Timmons Roberts. 2017. “Climate Change and the Transition to Neoliberal Environmental Governance.” Global Environmental Change 46: 148–56. https://doi.org/10.1016/j.gloenvcha.2017.09.003

[4] De Roeck, Frederik. 2019. “Governmentality and the Climate-Development Nexus: The Case of the EU Global Climate Change Alliance.” Global Environmental Change 55: 160–67. https://doi.org/10.1016/j.gloenvcha.2019.02.006

[5]Ribot, J. (2019). Social causality of our common climate crisis: Towards a sociodicy for the anthropocene. In T. Haller, T. Breu, T. D. Moor, C. Rohr, & H. Znoj (Eds.), The commons in a glocal world: Global connections and local responses. London: Routledge.

[6] Lahsen, M., & Ribot, J. (2022). Politics of attributing extreme events and disasters to climate change. Wiley Interdisciplinary Reviews: Climate Change, 13( 1), e750

[7] Rentschler, J., Avner, P., Marconcini, M. et al. Global evidence of rapid urban growth in flood zones since 1985. Nature 622, 87–92 (2023). https://doi.org/10.1038/s41586-023-06468-9

[8] Battilani, A., Zucaro, R., Truglia, C., Gargano, M., 2021. Il progetto water4agrifood: un contributo di Innovazione per le sfide della governance dell’acqua nell’era del green new deal europeo. ANBI Informa, Ambienti d’Acqua Magazine, pub. Online 10/11/2021 https://www.anbi.it/art/articoli/6100-il-progetto-water4agrifood-un-co.

[9] Battilani, A., Zucaro, R., Truglia, C., Gargano, M., 2023. Al valore dell’acqua deve corrispondere un costo? Un contributo alla discussione in corso sull’applicazione del principio “chi inquina paga” e sul “prezzo dell’acqua” per l’agricoltura ANBI Informa, Ambienti d’Acqua Magazine, pub. Online 02/08/2023 https://www.anbi.it/art/articoli/7558-articolo-1-al-valore-dell-acqua-d

[10] Battilani, A, Ruberto, M., Baralla, S., Zucaro, R., Truglia, C., Gargano, M., 2023. Politiche di prezzo per l’acqua in agricoltura: quantificazione dei volumi per l’applicazione della tariffa volumetrica. ANBI Informa, Ambienti d’Acqua Magazine, pub. Online 07/08/2023 https://www.anbi.it/art/articoli/7564-politiche-di-prezzo-per-l-acqua-i

[11] Battilani, A., Zucaro, R., Truglia, C., Gargano, M., 2021. Quantità o qualità: cosa determinerà il costo dell’acqua per l’agricoltura?. ANBI Informa, Ambienti d’Acqua Magazine, pub. Online 31/08/2021 https://www.anbi.it/art/articoli/5936-quantit-o-qualit-cosa-determiner-i .

[12] Battilani, A, Ruberto, M., Baralla, S., Zucaro, R., Truglia, C., Gargano, M., Coppola, A., 2023. Prevedere e valutare l’impatto della fertilizzazione e dell’irrigazione sugli agroecosistemi ANBI Informa, Ambienti d’Acqua Magazine, pub. Online 04/08/2023 https://www.anbi.it/art/articoli/7562-prevedere-e-valutare-l-impatto-de

[13] Battilani, A., Zucaro, R., Truglia, C., Gargano, M., 2021. Agricoltura e servizi ecosistemici: la responsabilità sociale dell’agricoltura ed il contrasto con una percezione negativa ed un’economia di mercato competitiva e penalizzante ANBI Informa, Ambienti d’Acqua Magazine, pub. Online 16/12/2021 https://www.anbi.it/art/articoli/6186-agricoltura-e-servizi-ecosistemici-.

[14] Battilani, A, Zucaro, R., Ruberto, M., Baralla, S., Truglia, C., Gargano, M., 2023. Azioni per una mitigazione del costo ambientale dell’inquinamento attraverso la depurazione delle acque di restituzione della pratica irrigua. ANBI Informa, Ambienti d’Acqua Magazine, pub. Online 15/09/2023. https://www.ambientidiacqua.it/public/anbinforma/ANBI20230915_speciale-anbinforma-progetto-pon.html

[15] Battilani, A, Zucaro, R., Ruberto, M., Baralla, S., Truglia, C., Gargano, M., 2023. Esternalità positive e negative connesse alla pratica irrigua ed alle infrastrutture multifunzionali di stoccaggio. ANBI Informa, Ambienti d’Acqua Magazine, pub. Online 15/09/2023. https://www.ambientidiacqua.it/public/anbinforma/ANBI20230915_speciale-anbinforma-progetto-pon.html

[16] Vincenzi, F., 2023. Nota Introduttiva. In: Per un’Italia resiliente, sostenibile e moderna ANBI e i Consorzi di bonifica protagonisti. Ronzani Editore, isbn: 979-12-5997-083-1